Cari fratelli e sorelle,

la Parola di Dio che abbiamo ascoltato ci ha consegnato motivi di grande conforto e consolazione. La prima lettura lascia intravedere quale sia stato il rapporto tra Dio e mons. Luigi Martella: Divenuto caro a Dio, fu amato da lui […] Giunto in breve alla perfezione, ha compiuto una lunga carriera. La sua anima fu gradita al Signore» (Sap 4, 11-14) .

La predilezione di Dio per mons. Martella si è manifestata in tanti modi: la sua numerosa famiglia, unita e raccolta dagli affetti domestici; il paese (Depressa), piccolo, ma di grande intensità umana, dove i rapporti, i legami e gli intrecci delle relazioni hanno un sapore di umanità; l’educazione ricevuta in questa comunità parrocchiale e nella Chiesa particolare, la diocesi di Otranto. In essa, mons. Martella ha maturato la vocazione al sacerdozio, ha esercitato il ministero con intensità pastorale, ha svolto i diversi compiti che gli sono stati affidati con fedeltà e partecipazione. Tra l’altro, vorrei ricordare il suo impegno per i malati e i sofferenti, essendo stato cappellano nell’ospedale di Tricase.

La benevolenza di Dio si è, poi, manifestata nell’elezione a Vescovo della diocesi di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi. Ero presente quando mons. Martella, allora padre spirituale del Seminario Regionale, diede il saluto alla comunità. Fu un momento carico di grande commozione, di partecipazione e affetto da parte degli educatori, dei professori e dei seminaristi.

Il Signore si è mostrato particolarmente vicino alla sua persona e lo ha amato in una maniera particolare durante il suo ministero episcopale. Verso la comunità diocesana, mons. Martella ha profuso le sue migliori energie di uomo e di pastore. Tracciare compiutamente la sua vita e le linee pastorali che egli ha offerto sarà un compito che affidiamo al futuro. A noi, questa sera, basta soltanto confermarci in questa verità: don Gino, come affettuosamente amava farsi chiamare, è stato caro a Dio. Il Signore lo ha amato. La sua anima è stata totalmente rivolta verso di lui. È questa la prima parola di consolazione.

La seconda viene dall’accorato grido di san Paolo: «Chi ci separerà dall’amore di Cristo?» (Rm 8,35). L’espressione paolina rivela un altro aspetto del rapporto tra il Signore e mons. Martella. Da una parte, esprime la relazione d’amore con il quale Dio l’ha sempre tenuto legato a sé; dall’altra manifesta la consapevolezza del Vescovo secondo la quale nessuna fatica e nessuna sofferenza lo avrebbe mai allontanato dal Signore: un legame stretto, sancito dai sacramenti dell’iniziazione cristiana e dal sacramento dell’Ordine; un legame intimo, profondo, misterico che si è alimentato nel dialogo, nella preghiera, nell’incontro con il Signore.

Cari fedeli, queste due espressioni della Sacra Scrittura riempiono i nostri cuori della consolazione che viene dalla Parola di Dio e dalla fede, e, nello stesso tempo, ci aiutano a comprendere, almeno in parte, qualche elemento della personalità di mons. Martella. Con tre brevi immagini desidero delineare alcuni aspetti della sua persona e del suo ministero pastorale. Raccolgo le immagini dal territorio salentino che lui ha sempre amato. Ricordo che, nei nostri colloqui, traspariva il legame profondo, quasi viscerale con la propria terra.

Tenuto conto di questo legame, la prima immagine che mi viene in mente quando penso a mons. Martella è la figura di un mare calmo: la sua è stata una personalità umana, sacerdotale ed episcopale che lasciava trasparire un grande equilibrio nelle valutazioni, una ponderazione dei giudizi, una prudenza nelle decisioni, un’attesa dei tempi opportuni prima di emettere provvedimenti, una pazienza nell’aspettare e nell’accogliere i frutti. Come un mare calmo, chi avvicinava mons. Martella respirava un senso di pace, di tranquillità, di armonia.

Un mare calmo, ma non immobile, piatto e freddo. Come il mare contiene correnti sotterranee, anche mons. Martella aveva una sua profondità emotiva. Chi l’ha conosciuto può testimoniare che il suo cuore era attraversato da emozioni forti, da sentimenti e aspettative, da un amore vigoroso e, nello stesso tempo, sereno. Una personalità, dunque, che ha vissuto intensamente la sua umanità e il suo ministero, donando a coloro che gli si avvicinavano un senso di pace, mentre egli conservava gelosamente dentro di sé i sentimenti, le emozioni e, talvolta, le difficoltà, senza farle pesare sugli altri e senza coinvolgere persone esterne. Conservava ogni cosa dentro di sé, come un dono prezioso da custodire e da consegnare al Signore.

Esprimo la seconda immagine con queste parole: l’occhio vigile e appassionato ovvero la capacità di attenzione all’altro, l’attitudine a scorgere l’orizzonte e fissare lo sguardo sull’abisso, la propensione a considerare la prospettiva tenendo conto anche delle fondamenta, la disposizione a considerare i frutti senza dimenticare l’importanza delle radici. Mons. Martella aveva la capacità di un discernimento che guarda lontano e in profondità; un discernimento che si realizza attraverso all’occhio vigile e appassionato del buon pastore che scruta l’animo, scorge quello che non appare immediatamente, interpreta la volontà di Dio negli avvenimenti, nelle persone e nelle cose e, nella preghiera, affida tutto al Signore.

Mons. Martella è stato, dunque, un cristiano, un sacerdote e un vescovo, capace di un discernimento attento, di una valutazione sobria e onesta, di considerazioni perspicaci, di una lettura della situazione e dell’animo in modo amorevole e veritiero. Ecco perché la Chiesa gli ha conferito un incarico speciale che soltanto alcuni possono svolgere in modo sapiente: essere visitatore dei seminari d’Italia. Un tale incarico gli è stato affidato non solo perché, essendo il vescovo di Molfetta, luogo dove risiede il Seminario regionale, era chiamato istituzionalmente a questo compito, ma soprattutto per la fiducia che la Chiesa ha riposto in lui. Si tratta di un impegno che richiede la capacità di ascoltare e di parlare con le persone, di formulare un giudizio e di esprimere il risultato della ricerca. Egli ha svolto questo compito con grande dedizione.

Il frutto di questo lavoro pastorale si è evidenziato nei colloqui personali e nelle riflessioni espresse durante le riunioni nella Conferenza Episcopale Pugliese. Su un tema così importante come quello della formazione dei seminaristi e dei futuri sacerdoti e sulla questione della formazione permanente dei sacerdoti, gli interventi di mons. Martella erano sempre puntuali ed efficaci perché provenivano da una persona che conosceva bene i problemi e intuiva le possibili soluzioni. Il suo, dunque, era l’occhio vigile e attento di un vescovo che sa scrutare in profondità e che, nel dipanarsi delle vicende personali e della storia di una comunità, sa intravedere l’azione dello Spirito Santo.

La terza immagine è la seguente: una persona con il bastone da viaggio. È una chiara l’allusione a don Tonino Bello. Credo che si possa parlare di una consegna ideale del pastorale tra don Tonino e don Gino. Mons. Martella conosceva mons. Bello già prima di diventare vescovo. In seguito, vivendo nella stessa diocesi, ha ulteriormente imparato a conoscerlo e a scorgere i frutti del suo lavoro pastorale. Si potrebbe dire che mons. Martella ha portato il pastorale “insieme” e “a nome” di mons. Bello.

Ci sono molti elementi che potrebbero confermarlo. La prova più evidente è l’introduzione della causa di beatificazione: atto conclusivo e quasi simbolico di un rapporto molto più profondo. In alcuni suoi scritti, che considero di grande sapienza, mons. Martella ha tracciato considerazioni su don Tonino Bello di piena aderenza alla realtà e alla verità delle cose. Ho letto con grande attenzione le sue riflessioni. Mi riferisco, in modo particolare, alla relazione tenuta nel decennio della morte di don Tonino dove egli ha delineato con sapiente maestria la figura e il ministero del suo illustre predecessore. Tra i due pastori c’era una sintonia, una conoscenza e, da parte di mons. Martella, una grande ammirazione. Ricevuto idealmente il pastorale da don Tonino, egli l’ha portato insieme con lui per camminare sulla via da lui tracciata e scoprire il tratto di strada ancora inedito.

Cari fratelli e sorelle, non è possibile e non è nemmeno questo il momento per delineare in modo completo la personalità e il ministero di mons. Martella. Con la sua morte, egli ci ha lasciato un grande messaggio che il brano del Vangelo ha espresso con parole chiare ed eloquenti: occorre essere vigilanti, stare con le lucerne accese, attendere il Signore. Egli viene secondo i suoi tempi, nell’ora da lui stabilita. Mons. Martella ha saputo vigilare. Da lui, possiamo imparare ad essere servi in attesa del Signore che viene e, in ogni circostanza, agire propter nomen suum.

Omelia nella messa esequiale di Mons. Luigi Martella, Parrocchia “S. Antonio di Padova”, Depressa 9 luglio 2015

“Un mare calmo, ma non immobile…”: l’omelia di Mons. Vito Angiuli in memoria di Don Gino il 9 Luglio 2015

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