Carissimi,

Bari, 13-05-2014. Convegno Chiesa povera e solidale per evangelizzare. Apertura dei lavori con Monsignor Donato Negro e Matteo Calabresi. Monsignor Donato Negro

le beatitudini evangeliche, che sono state proclamate, gettano potenti fasci di luce sull’esistenza umana e cosmica, svelandone il significato salvifico e la meta ultima. Perché le beatitudini evangeliche non sono soltanto un proclama, ma il ritratto stesso di Gesù, l’uomo nuovo: è Lui il povero, il mite, l’afflitto che piange i peccati del mondo, colui che ha fame e sete di giustizia, che si commuove e ha misericordia e compassione per gli uomini.

Nella fede ricevuta e professata nel Battesimo possiamo comprendere la vocazione di ciascuno di noi e la condizione per vivere la volontà di Dio. Questa stessa fede ci fa capire che siamo chiamati ad essere figli di Dio e indica il cammino delle beatitudini evangeliche che ci rendono simili a Gesù, Figlio del Padre.

Il martirio trova piena luce nella logica delle Beatitudini e si traduce in un dono totale di sé. Solo un grande amore ricevuto può giustificare un grande amore donato. In fondo la dinamica del martirio è il percorso del discepolo che accetta di seguire Gesù fino al dono totale di sé. Per il martire credere in Cristo significa aver scoperto in Lui il senso della propria vita. E dunque perdere Cristo per un cristiano dovrebbe sempre significare perdere tutto, anche se stesso. Perciò quando è posto dinanzi al dilemma di rinnegare Cristo o perdere la vita, il martire sceglie Cristo. «I martiri di Cristo – dice Sant’Agostino – per il nome e la giustizia di Cristo, vinsero il terrore della morte e quello dei tormenti: non temettero né la morte, né la sofferenza» (Agostino, Sermo, 280).

Così è stato per i martiri di Otranto di fronte all’ora suprema. È una pagina vibrante quella che, attraverso la penna di Laggetto, descrive la fermezza dei nostri Martiri nell’accettare il martirio: «Antonio Primaldo, a nome di tutti rispose, che essi tengono Gesù Cristo per Figlio di Dio e loro Signore, e vero Dio, e che volevano per mille volte morire, che rinnegarlo e farsi turchi» (G. M. Laggetto, Istoria della città di Otranto).

“Beati!”. Gesù proclama beati coloro che lo hanno seguito giorno dopo giorno, andando controcorrente alla logica del mondo. In questa schiera dei discepoli fedeli ci pare che si collochi il carissimo mons. Luigi Martella, che ha reso un molteplice e generoso servizio alla Chiesa. In suffragio della sua anima offriamo questa liturgia eucaristica, domandando al Signore di accordargli la beatitudine promessa ai poveri in spirito, ai miti, ai misericordiosi, agli operatori di pace, a quelli che hanno fame e sete della giustizia.

Don Gino è stato, prima di tutto, un sacerdote della Chiesa di Otranto. Nel suo Testamento spirituale ha scritto: «Amo la Chiesa che è in Otranto che mi ha guidato nel discernimento vocazionale». Nella nostra diocesi ha esercitato l’ufficio di parroco della parrocchia ‘Madonna del Rosario’ in Castro, è stato docente di Teologia Morale nell’Istituto di Scienze Religiose di Otranto e di Religione Cattolica al Liceo “F. Capece” di Maglie, ha avviato il cammino della pastorale familiare. Non solo il sacerdote di tutti, ma anche sacerdote per tutti. Ha vissuto, in questo, la “espropriazione” tipica di ogni apostolo: la non-appartenenza a sé, per essere di Cristo e della gente che gli veniva affidata. Un sacerdote che ha amato e si è fatto amare. E l’amore resta: e la vostra presenza numerosa e raccolta qui questa sera ne è la prova più significativa. Era mite, umile: aveva grandi potenzialità spirituali, intellettuali, pastorali.

Tutta l’esistenza di don Gino può essere riassunta nel lasciarsi condurre dal Signore. La sua anima aveva le vele spiegate al soffio dello Spirito, che lo ha condotto dove il Padre che è nei cieli voleva, talvolta facendolo passare attraverso navigazioni oscure e sofferte. Un uomo di Dio affidato alle mani della Provvidenza, attento ai disegni dell’Altissimo, che cercava di cogliere in tutte le circostanze, sia liete che faticose.

Proprio per questa disponibilità a vivere in pienezza la grazia dell’oggi, accettò il delicato compito di padre spirituale nel Seminario Regionale di Molfetta, accompagnando con saggezza tanti giovani seminaristi nel cammino di formazione al sacerdozio.

Era tutto proteso al ‘sì’ da dire a Dio ogni giorno. In questo “consegnarsi” al Signore con lo stile di Maria accettò la nomina a Vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi. E in quella diocesi ha conquistato tutti con la sua mitezza: dovunque ha irradiato un coinvolgente clima di serenità e di pace.

Ha accompagnato, con ammirevole operosità pastorale, gli eventi che hanno cadenzato la storia degli ultimi 15 anni della Chiesa di Molfetta. Ha saputo precedere e affrontare, con le sue iniziative, i cambiamenti sociali ed ecclesiali. Gli eventi non l’hanno mai trovato distratto o in ritardo: quando le cose sono accadute lui era lì, per dare, innanzitutto con la sua testimonianza e l’opera di Vescovo, la risposta giusta ispirata al messaggio evangelico di liberazione e di salvezza.

È stato un uomo di comunione, stimato e amato da noi confratelli Vescovi, che gli riconoscevamo una grande bontà e un profondo spirito di servizio.

La feconda vita umana, spirituale ed episcopale di questo figlio della Chiesa di Otranto non si spiega se non si tiene conto anche della sua tenera e confidente devozione ai nostri Santi Martiri Antonio Primaldo e Compagni.

Qui, nella nostra Cattedrale, l’8 maggio del 2013, in preparazione alla canonizzazione dei nostri Martiri, mons. Martella celebrò l’Eucaristia e nell’omelia disse fra l’altro: «Vivo questa liturgia nel grato ricordo dei miei anni trascorsi qui nel seminario, e di quando, in pieno periodo estivo, si rientrava dalle vacanze per la preparazione e la condivisione della festa del 14 agosto. Ogni sera, […] qui in Cattedrale, all’ora della preghiera del Vespro, si innalzava alto e solenne il canto dell’inno Christi nobiles athletae… hydruntini martires!». E diceva ancora: «Il sangue (dei nostri martiri) che ha irrobustito la fede di tante generazioni che ci hanno preceduto può alimentare la nostra vita di fede…». E – concluse la sua omelia – con un filiale pensiero a Maria Santissima: «Ci aiuti, carissimi, la Madonna. L’ultimo sguardo prima di giungere al luogo del supremo sacrificio, gli Ottocento lo rivolgono proprio a Lei, come ricorda l’umile e graziosa cappella della Madonna del Passio, mentre sul colle si erge il santuario della Madonna dei Martiri».

E noi questa sera preghiamo perché i Santi Martiri lo accolgano e con loro sia beato per sempre in Dio. Amen.

Otranto, mercoledì 5 agosto 2015

Mons. Donato Negro
Arcivescovo

1 * Liturgia della Parola: 2Cor 1, 1-7; Sal 33 (34); Mt 5, 1-12.

“Tutta l’esistenza di don Gino può essere riassunta nel lasciarsi condurre dal Signore”: l’omelia di S. E. Mons. Donato Negro, in occasione del trigesimo di S. E. Mons. Luigi Martella, Otranto 05/08/2015.

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