winspeare

Se mi è consentito vorrei scrivere due parole su Don Gino Martella, vescovo di Molfetta. Due giorni prima della sua scomparsa ho avuto con lui una lunga e affettuosa conversazione telefonica. Volevo esprimergli la mia solidarietà per gli episodi di sciacallaggio giornalistico di cui è stato vittima. Naturalmente non solo era completamente estraneo ai fatti imputatigli, ma il nostro don Gino era il buono chiamato a risolvere – a cose fatte – tutta una serie di imbrogli venuti a galla nell’inchiesta sul crac della Casa della Divina Provvidenza a Bisceglie.

È inutile dire quanto fosse dispiaciuto di essere stato chiamato in causa, allo stesso tempo sembrava sereno e, alla mia indignazione di combattente verbale, rispondeva con mitezza, quasi a voler giustificare l’errore giornalistico, o almeno perdonarlo. Ecco, della mitezza di certe persone vorrei parlare. Questa invidiabile qualità del carattere, spesso accompagnata da riservatezza e capacità di ascolto, nel nostro paese non gode di grande popolarità.

Negli ultimi decenni in Italia viene ascoltata chi la spara grossa, l’ignorante che urla qualsiasi cosa, chi offende con parole foriere di sangue, il provocatore fine a se stesso. Al contrario, a causa del “peccato originale” nazionale che è la mentalità mafiosa – la chiamo così per iperbole – chi non è come sopra descritto ha qualcosa da nascondere e trama nell’ombra in combutta con forze oscure. E di personaggi di quest’ultimo tipo ne abbiamo avuti a bizzeffe, faccendieri, agenti segreti deviati, politici corrotti; ma esistono, grazie a Dio, brave persone che, all’insaputa di tutti, lavorano per il bene del mondo, atei o credenti. Magari non hanno il fascino di un Mandela o di Papa Francesco, in cambio posseggono una loro grandezza discreta che è il far sentire al comune mortale di essere alla loro portata, all’altezza di fare del bene.

Don Gino Martella apparteneva a questo tipo di uomini mansueti. Qualcuno potrebbe scambiare la sua mansuetudine con l’incapacità di prendere delle decisioni oppure con una mancanza di energia. Il vescovo di Molfetta era al contrario un pastore molto attivo, solo che non si curava troppo di far sapere quello che faceva per gli emarginati, gli emigranti, il suo seminario e in generale per tutta la sua diocesi. A Don Gino interessava più la sostanza che la forma e di questi tempi, purtroppo, fare senza apparire è una politica che non paga, almeno su questa terra.

Edoardo Winspeare (regista)

Articolo integrale apparso sul Quotidiano di Lecce del 18/07/2015
Fonte foto: diocesidimolfetta.it

“Don Gino, uomo mite”, Edoardo Winspeare (regista). Quotidiano di Lecce, Sabato 18 Luglio 2015

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *